di Giuseppe Varaldo
Non mi va di parlare male di Edmondo De Amicis, tanto più nell'anno in cui la sua e mia città (Imperia Oneglia) ne festeggia il centenario della morte: ma quando, in tempi relativamente recenti, lessi Cuore per la prima volta, certo lo trovai, per quanto scorrevole e per nulla tedioso, insopportabilmente intriso di melassa e di retorica. Il MAESTRO PERBONI, tuttavia, mi era parso uno dei meno peggio tra i vari personaggi del libro, perché, pur nei limiti consentiti dall'epoca e dal testo, sembrava vagheggiare una qualche idea di equità sociale: molto più odioso e ipocrita di lui, per esempio, Bottini senior, ossia il padre di quell''Enrico che, nella finzione romanzesca, è l'autore del diario di un anno scolastico a Torino, nella 3ª elementare della sezione Baretti. Ma la rilettura dello splendido Elogio di Franti di Umberto Eco, contenuto in Diario minimo, è stata illuminante: Eco osserva acutamente che il maestro, "in un diverbio tra Coraci (il calabrese) e Nobis, dà ragione a Coraci e torto a Nobis, ma a Nobis dà del voi mentre a Coraci dà del tu. Dà del tu anche a Franti, naturalmente, perché costui non ha un padre distinto con una gran barba nera". Giudico solo eccessivi, e dovuti probabilmente al carattere di pamphlet di quell'Elogio, gli epiteti ("ributtante leccapiedi") che Eco rivolge a Perboni, il quale sbaglia a mio avviso più per ignoranza, per limitatezza culturale, per piatto conformismo, che non per una visione illiberale becera e cosciente. Ricordo che il testo di un Oligogramma utilizza esclusivamente le lettere della parola o delle parole che ne costituiscono il titolo.
MAESTRO PERBONI
Ora pro Nobis, ora parimenti – se onestamente pòrtasi – pro Betti, parrebbe in 'sta Torino e in 'sta Baretti: ma stima tosti e tristi i prepotenti
e intanto premia i mostri e i sempre attenti; e mentre mostra a esempio ai propri ometti – testimone Bottini – Re e Robetti, risposa insieme Storia e Sentimenti.
E se Amor patrio, Onore, pia Bontà son materie primarie a ottobre e poi, testé mese per mese ammannirà
martiri in erba e imberbi mini-eroi: essi però, per troppa santità, stereotipati sembreranno a noi.
Note
1-2 L'evidente gioco di parole con cui si apre il sonetto trae lo spunto da un altro diverbio tra Nobis, ragazzino altezzoso e "superbo perché suo padre è un gran signore", e un compagno povero: qui Betti, "uno dei più piccoli, figliuolo di un carbonaio". Scrivendo che il maestro «parrebbe» prendere le parti ora dell'uno ora dell'altro, intendo però indicare, al di là del caso specifico, la sua pretesa equidistanza fra le due classi sociali che essi rappresentano. Quanto al verbo portarsi, nel senso di 'comportarsi', esso ricorre spesso nel romanzo. 4-5 «tosti e tristi» è citazione quasi letterale della prima descrizione di Franti: "una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso da un'altra sezione". E mentre Perboni naturalmente giudica Franti irrecuperabile, «intanto premia i mostri e i sempre attenti», rappresentati rispettivamente da Derossi e da Stardi. Nel primo ogni qualità è presente al massimo grado, in modo tanto inverosimile quanto banale: "il più bello di tutti, quello che ha più ingegno… tutti riconoscono la sua superiorità in tutte le materie… grande, bello, con una gran corona di riccioli biondi, lesto che salta un banco, appoggiandovi una mano su; sa già tirare di scherma… sempre vivo, allegro, garbato con tutti, e aiuta quanti può all'esame"! Stardi invece ("primo della classe dopo Derossi! Tutti ne rimasero meravigliati!") è un personaggio assai più compiuto e credibile, corrispondente all'odierno secchione, il quale, grazie alla volontà e alla costante applicazione, riesce a supplire alle non eccelse doti naturali: "pare che capisca poco, ma sta attento al maestro senza batter palpebra, con la fronte corrugata e coi denti stretti". 7 A parte i costanti, e sempre osannanti, riferimenti alla monarchia, nel capitoletto I funerali di Vittorio Emanuele il solito Derossi snocciola al maestro "quasi tre pagine", fatte imparare a memoria, per il quarto anniversario di "re Vittorio". Robetti è invece il "ragazzo della seconda" il quale, nelle primissime pagine del libro, salva eroicamente un bambino dalle ruote di un omnibus, che però gli schiacciano un piede. 9-14 Chiaro riferimento ai famosi e sciropposi Racconti mensili, immancabilmente infarciti di improbabili «mini-eroi», come la piccola vedetta lombarda o il tamburino sardo. Ma «Amor patrio, Onore, pia Bontà», che caratterizzano questi racconti, sono evocati e ammanniti così frequentemente anche nelle quotidiane ore scolastiche, da costituire praticamente altrettante «materie primarie» d'insegnamento, alla pari dell'Aritmetica o della Geografia.
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