di Remo Chiosso Penso che noi tutti abbiamo netto il ricordo di quando, da bambini, giocavamo di fantasia. Senza il minimo giocattolo o strumento… solo con la pura fantasia. Eravamo gli eroi di mondi avventurosi, ci immaginavamo nella giungla tropicale o tra le onde di mari spumeggianti o ancora nelle terre aride del Far West. E durante queste nostre visioni chimeriche una coperta colorata poteva divenire la pelle del leone appena ucciso e la testata del letto di mamma e papà il cassero della nave corsara. Potevamo giocare da soli o con altri compagni, sicuri comunque di intenderci alla perfezione. Uniti e compresi nel sogno e nel suo divenire. Solo il richiamo di un adulto poteva a volte spegnere il tutto… mai la caduta del nostro interesse. Era un gioco senza regole, ma nello stesso tempo sempre attuale e vero: aveva le stesse norme della vita. Non di quella di tutti i giorni, ma di quella che ci appariva attraverso i libri o il cinema. Ed era un bellissimo gioco! Quella immedesimazione totale, mi ricordo, scomparve per me con la fine dell’adolescenza e la rincontrai solo molto tempo dopo, scoprendo, oramai adulto, qualche “gioco di ruolo dal vivo” (quelli su carta, così pieni di dadi e tabelle, non mi avevano fatto risuonare le stesse corde). Una di queste occasioni particolari fu durante un viaggio in Scozia, circa 17 anni fa. In una delle tipiche residenze agiate, che in quel bel paese offrono ospitalità al turista, una sera, dopo aver mangiato nella sala comune insieme agli altri ospiti una qualche indegna pietanza locale, vidi che alcuni di essi, cambiati gli abiti, si ripresentarono in sala ed iniziarono un cicaleccio molto poco anglosassone. Comprendevo che stavano giocando a qualcosa, ma non ne capivo molto di più. Il proprietario della residenza, vista la mia curiosità, mi spiegò che si trattava di un Murder Party. I suoi amici-ospiti erano i personaggi di una vicenda gialla : facendosi reciproche domande ed interpretando ciascuno una propria particina, dovevano arrivare alla soluzione del caso ed alla individuazione del colpevole, che ovviamente era uno di loro, con il compito opposto, cioè quello di non farsi scoprire. La mia scarsa comprensione dell’inglese mi impediva di goderne i particolari, ma il fascino che il gioco esercitava sui partecipanti era evidente e così coinvolgente che il giorno dopo la più grossa libreria locale mi rifornì di testi sui Murder Parties. Non molti devo dire. Ne nacque curiosità, studio, interesse e da allora con continuità mi occupo di questo genere di giochi. Inoltre, la mia passione per i gialli ha contribuito a portarmi ad una propensione per l’argomento poliziesco, ma ovviamente avrebbero potuto essere molte le ambientazioni ed i soggetti delle vicende. Visto che la produzione che ero riuscito a reperire non era molto cospicua, cominciai a scriverne io ed a proporli, a farli giocare. Più che interprete, cioè, ero l’ideatore ed il master-regista. Il primo passo era fatto, ma non mi bastava. Ed ecco che su tutto ciò si innestò un altro mio interesse: il Teatro. Da sempre grande appassionato, incominciai ad ipotizzare l’uso di veri attori nei Murder Parties. In tal modo si sarebbe potuto innalzare, a mio parere, non solo il livello artistico, ma anche la scenicità del gioco, unendo gioco e spettacolo e facendone un intrattenimento “diverso”. Le prime sperimentazioni portarono al prototipo di quello che è oggi il nostro “spettacolo giallo interattivo”. Dico nostro in quanto… avevo trovato un compagno nel simpatico Antonello Lotronto, amico e complice (mai definizione fu così adatta). Incontratici in una delle tante conventions di giochi, passammo sere a parlare delle nostre idee e, vista la nostra perfetta identità di vedute, si decise di partire per l’avventura insieme. Il nostro progetto prendeva forma e lo stimolo reciproco ci portava a sperimentare con entusiasmo diverse idee. Ricordando quei tempi posso dire che i tentativi furono molti e non tutti felici, ma infine giungemmo alla messa in scena del nostro primo gioco-rappresentazione. Come definirlo? Non era più un gioco e non era nemmeno teatro. Era un gioco interattivo teatrale. Ma creare un nome non era poi il nostro problema primario…. le idee in merito sono ancora in divenire oggi. Il nostro obiettivo essenziale era mirare all’interattività tra il pubblico-giocatore e l’intrattenimento, stimolare cioè nel modo più coinvolgente sia la fantasia individuale che quella corale dei partecipanti. I nostri primi esperimenti vedevano degli attori presentare al pubblico essenzialmente delle testimonianze, degli indizi, attraverso interrogatori abbozzati in forma di canovacci mentre gli spettatori interagivano, come detectives, con la vicenda narrata, ponendo agli attori delle domande, come meglio credevano, e ne ricevevano risposte perfettamente coerenti con il personaggio interpretato, la trama, le diverse relazioni tra i personaggi Eravamo, diciamo, ancora assai vicini al gioco… volevamo di più. Avevamo bisogno di aumentare i momenti scenici della vicenda… creare dei flashbacks, permettere ai personaggi di evidenziare meglio le loro caratteristiche, rendere quindi più elaborata e complessa la struttura. Non solo semplici testimonianze a fronte delle domande dei detectives… ma piccoli litigi, discussioni, sussulti, emozioni… in una parola drammatizzazione. Ciò ci impose di scegliere attori non semplicemente legati ad un copione fisso, ma dinamicamente disposti ad improvvisazioni e ad interagire con il pubblico. L’addestramento e, ancor prima, la selezione non furono semplicissimi. Molti furono i “caduti”; a volte l’attore che appariva più dotato incespicava poi nel rispondere alle strane (e sì ! a volte lo sono) domande degli spettatori. La vicenda doveva pertanto venir assimilata nei minimi particolari, gli attori dovevano sentirla come realmente “vissuta”. Solo così potevano rispondere ad ogni domanda del pubblico-detective. Occorreva gente in gamba ed entusiasta come noi. Attori più dinamici e più ampi momenti scenici… ci rendevamo conto che così facendo a poco a poco lo spettatore si immedesimava di più “nella vicenda”, ne faceva parte, doveva confrontarsi con personaggi “reali”, vivere una vicenda in cui la verosimiglianza, la drammaticità, l’immediatezza davano l’idea della “realtà”. Sperimentammo anche altre modalità di spettacolo-intrattenimento. Ad esempio gli attori, dopo aver recitato un atto dello spettacolo (spiccatamente teatrale e senza interazione col pubblico), si presentavano sul palcoscenico per rispondere alle domande degli spettatori. Un misto di teatro e gioco, ma suddiviso distintamente in due momenti. La reazione fu molto soddisfacente e ci fece fare una scoperta davvero molto interessante: esistevano diversi tipi di “pubblico”. Infatti notammo che, pur ottenendo un successo più che ragguardevole, gli spettatori a cui piaceva la modalità sopra esposta erano meno coinvolti da quella precedente e viceversa. Trovammo dei “palati diversi” in pratica. Ma non ci fermammo qui e sperimentammo un’altra modalità ancora: quella di far recitare gli attori mescolandoli a spettatori-giocatori del tutto inconsapevoli della presenza di attori in mezzo a loro ! Realtà e finzione totalmente mescolate. Questa modalità è senz’altro la più difficile e faticosa da mettere in atto, ma nello stesso tempo, a mio parere, la più appassionante. Tutto va studiato nei minimi particolari: ambienti, tempi, interpretazioni, etc. Perché tutto sembri fluire liberamente, in realtà ogni cosa deve essere studiata a tavolino con meticolosità e provata con assiduità. Agli attori si chiede molto… devono sapersi adattare alle esigenze, alle emozioni dei singoli giocatori (non attori) e mantenerne viva la tensione e l’interesse, devono sembrare “pubblico” che gioca senza palesare la loro professione e tante altre cose… ma finalmente si raggiunge l’interattività totale, la “full immersion”. L’ambientazione in cene, ricevimenti, feste, week-end ovvero in momenti di convivialità aiuta moltissimo. A volte si gioca in costume medioevale o fine ottocento, in castelli o ville antiche. L’intrattenimento si arricchisce di oggetti, lettere, particolari, tutto aiuta. Attualmente quindi ci stiamo muovendo su questi filoni, sperimentando anche diverse durate dell’intrattenimento (dalle 3 alle 24 ore) e naturalmente con costi diversi. Si! purtroppo, come in tutto, ecco il tasto dolente ! I costi di quest’ultima variante sono elevati. Non per tutte le tasche, purtroppo. Ma divertimento e coinvolgimento sono assicurati! In poche righe ho cercato di raccontarvi il nostro cammino. Chi è il nostro pubblico? Si tratta essenzialmente di persone tra i 20 ed i 45 anni, cultura medio alta, e (strano!) non particolarmente affascinato dalla letteratura gialla, ma attratto dall’interazione e dalla recita. Molte volte veniamo chiamati da aziende per le loro convention. Oggi agiamo in tutta l’Italia del Nord e del Centro con punti focali a Roma e Torino. Circa 30 giovani attori ci seguono. Credeteci, non è cosa da poco! Ci sono compagnie a Torino, Roma, Ravenna e prossimamente a Padova… Siamo oramai vicini al Murder Party perfetto ? … non lo so, ma sicuramente la fantasia ci offrirà ancora mille strade da seguire. Vi prometto che le percorreremo. Quindi attendete nuove puntate e seguiteci. Ne vedrete delle belle! CHE COS'E' UN MURDER PARTY Organizzare un Murder Party significa invitare un gruppo di amici a trascorrere una serata un po' fuori dall'ordinario, a mettersi nei panni di qualcun altro, a vivere insomma una sorta di piccola recita. Lo sfondo è sempre un "giallo": c'è un mistero da risolvere, un assassino da scoprire, interrogando i protagonisti della vicenda ed esaminando gli indizi. Esistono diversi tipi di Murder Party: con cena o senza, nella scenografia di un antico castello o semplicemente nel salotto di casa vostra. GLOSSARIO Giochi dal vivo: Giochi di ruolo in cui l'ambientazione è il fantasy, anche a tema giallo Murder Mystery games: Si tratta di giochi di società o in scatola il cui scopo è interpretare il ruolo di un personaggio di un vicenda gialla o di scoprire il colpevole attraverso dei reciproci interrogatori e l'esame degli indizi. Anche il colpevole deve ovviamente sostenere fino all'ultimo la propria innocenza. Se nessuno lo accuserà sarà lui il vincitore. Serata in giallo è stata la prima collana di murder mystery games apparsa in Italia. Edita da Digamma è curata da Antonello Lotronto e Mario Corte. Cene con delitto: Sono spesso dei pub ad organizzarle. ma non di rado dei veri e propri ristoranti. I commensali, seduti attorno ad un grande tavolo, si preparano ad affrontare non solo una cena ma anche una sfida per individuare l'assassino. Thriller week - end: Alcuni alberghi e associazioni organizzano dei week-end con delitto, ricchi di emozioni e colpi di scena. I gialli di Remo Chiosso: Giochi di ruolo gialli ispirati dalla passione per il gioco e il giallo deduttivo. La prima opera, "Morte d'inverno", scritta con l'aiuto di Maria Letizia Bruschi, è pubblicata nel '93 dalle edizioni Demetra; segue nel '95 "Una piroga in fumo"; nel '99 il giallo ambientato durante la Rivoluzione Francese "Il 18 Frimaio" Sul web: "I casi del Commissari Zago" e "Sul filo del rasoio" ( scritto con Riccardo Affinati) nonché tutte le informazioni sui murder party in Italia, consultabili sul sito www.murderparty.it
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