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EDITORIALE (Tangram n. 17) Stampa E-mail

di Nicla Iacovino

Questo numero è così vario che sono io stessa sbigottita. C’è veramente tanto da scrivere sui giochi e la cultura ludica. Quando non mi ero ancora affacciata sul mondo del gioco, pensavo che ci fosse poco e niente, a parte i giochi con le carte più diffusi, oltre alla dama e agli scacchi.    E invece quanto! dalla ludolinguistica ai wargames. Altrettanto numerose e diverse sono le  associazioni ludiche, le ludoteche, e città in gioco!
Ma c’è un’osservazione:  il pianeta che sto esplorando si presenta caratterizzato da una forte nati-mortalità di iniziative; alcune decollano bene e resistono per  lunghi anni, spesso anch’esse svaniscono improvvisamente  dopo tempi più o meno lunghi, dopo alti e bassi o difficoltà più o meno grosse. Tuttavia, nello stesso momento in cui tante iniziative cessano di esistere, tante altre ugualmente o più significative ne nascono, fioriscono e serpeggiano in lungo e in largo dell’Italia.
Nel mio piccolo, attraverso Tangram, mi ritrovo ad essere punto di confluenza di molteplici esperienze,  realtà e attraversamenti ludici, di appassionati e studiosi del gioco, disseminati dal Trentino alla Val D’Aosta, dalla Sardegna al Friuli. E’ piacevole ricevere le vostre lettere e le ricevute dei c.c.p. provenienti dalle più diverse zone postali. Stiamo facendo (faccio) anche il Gioco del Postino. E con questo siamo arrivati al numero 17. Nella Smorfia napoletana il 17 è la disgrazia. Per chi ci crede.  Ma mi sono guardata bene dallo  spedirvi questo numero 17 di Tangram il giorno venerdì 17, ed  Ennio Peres, che ha scritto un articolo dove parla appunto di alcune strane coincidenze collegate a questo numero,  me lo ha inviato via e-mail il 17 aprile alle ore 17.17.
Che il 17 porti sfortuna ci credono in molti, ma per accettare meglio “le disgrazie” o sfortune della vita, spesso per giunta incomprensibili, tanto che Leopardi considerò la vita stessa una disgrazia, vi incollo di seguito questo pensiero di Machiavelli che volentieri leggo quando non ricevo i vostri cicipì:
“Il termine fortuna denota le condizioni di fatto sulle quali non può nulla la scelta e la volontà degli uomini; ma gli uomini non devono attendersi  nulla dagli eventi, adagiandosi passivamente nella speranza, bensì intervenire in essi per dominarli e guidarli il più possibile. Si può stimare, all’ingrosso che la Fortuna domini per metà le vicende umane,  spesso la virtù ha possibilità ben maggiori; in ogni caso, se l’agire umano non è mai incondizionato e quindi la sua scelta è sempre limitata, tuttavia l’intervento attivo negli eventi, da parte dell’uomo, non è votato al fallimento necessariamente, per natura: le probabilità di successo dipendono comunque anche dalla virtù di chi agisce. L’intelligenza può forzare la natura, anche quella umana, arginando il corso della fortuna e dirigendo gli eventi verso fini da noi stessi predeterminati”.
Non so se questo che abbiamo ora letto sia un pensiero convincente, ma certamente ci torna più utile credere che possiamo sempre reagire contro l’avversa fortuna, modificando la nostra sorte.
Voi che ne dite?